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Rassegna Stampa

Gazzetta del Sud

(Domenica 25 Settembre 2011)

Convegno del Kiwanis per studiare le strategie contro la piaga della violenza sui minori
Nelle società moderne aumentano
le insidie per i più piccoli e indifesi

Il magistrato Trapani: «Bisogna saper ascoltare le piccole vittime»


Pasquale Romeo, Adriana Trapani, Claudio Cordova, Alfredo Foti, Giuseppe Gentile e Saverio Gerardis

Nelle società moderne, spesso confuse e distratte da inutili sensazionalismi e false rappresentazioni, aumentano le insidie e i pericoli per i più piccoli e indifesi. L’adeguata tutela dei minori, in un periodo storico come il nostro, nel quale aumentano i casi di abusi, è divenuta una priorità nei confronti della quale la migliore classe dirigente ed intellettuale del Paese non può rimanere insensibile. Oltre al criminale fenomeno del turismo sessuale a sfondo pedofilo, riguardante principalmente alcuni Stati sudamericani e del sud est asiatico, esistono in Paesi come il nostro, cosiddetti “avanzati”, tante storie di violenze consumate sovente tra le mura domestiche e avvolte non di rado da una fitta coltre di degrado culturale che finisce persino con il confondere i ruoli di vittima e carnefice.
Per tenere alta l’attenzione nei confronti di simili fenomeni, che ripugnano le coscienze e suscitano sdegno e riprovazione, il “Kiwanis Club” ha voluto organizzare un convegno, finalizzato all’approfondimento tecnico, giuridico e psicologico del tema in argomento. Presso l’aula conferenze della Provincia, i diversi relatori hanno offerto alla numerosa platea molti spunti di riflessione. Dopo i saluti introduttivi di Giuseppe Gentile e Saverio Gerardis, rispettivamente presidente e governatore del “Kiwanis Club”, il dibattito è entrato subito nel cuore del problema con la puntuale relazione del magistrato Adriana Trapani che, ricorda il moderatore dell’incontro Claudio Cordova, si occupa anche di inchieste delicatissime che, come quella soprannominata “Meta”, mirate ad individuare e colpire la camaleontica zona grigia che rende oramai irrespirabile l’aria di Reggio e dintorni.
«Quando si ascolta un minore”, spiega il magistrato, «è necessario utilizzare delle cautele particolari. L’incidente probatorio è la sede di ascolto privilegiata per casi come questi che richiedono un surplus di tatto e sensibilità. Spesso capita che il bambino abbia difficoltà nel raccontare fatti dolorosi di cui è stato bersaglio, e perciò è doveroso creare le condizioni migliori affinché l’interrogatorio della piccola vittima avvenga all’interno di una cornice rassicurante e funzionale ai bisogni del minorenne».
L’avvocato Alfredo Foti si è poi concentrato sull’evoluzione storica e dottrinaria delle fattispecie di reato che puniscono alcune condotte tese a ledere i diritti dei minori. «Ritengo», dice Foti, «che sia preferibile catalogare questo tipo di reato come delitto contro la persona anziché contro la famiglia. Il diritto, sulla base del cambiamento dei costumi sociali, si evolve rapidamente, e quindi oggi la fattispecie di reato concernente i maltrattamenti in famiglia può essere allargata anche all’eventuale convivente. Non sempre – aggiunge Foti – la condotta capace di contemplare gli elementi costitutivi del reato in questione deve essere materialmente violenta. Anche le umiliazioni, la violenza psichica e persino l’eccesso di attenzioni può, secondo una parte della dottrina, finire con il realizzare questa ipotesi di reato». Adulti mai cresciuti e genitori iper apprensivi sono quindi avvisati.
Chiude l’incontro Pasquale Romeo, noto psichiatra, secondo il quale «il momento del colloquio con il minore abusato è decisivo. È importante riuscire a distinguere le verità del racconto dalle possibili suggestioni. Le conseguenze sulla psiche per le vittime – avverte Romeo, possono essere molto pesanti. Una delle più gravi può essere il disturbo di personalità borderline. Il trauma è più forte, inoltre, in relazione alla tenera età del soggetto e alla ripetitività della condotta. In questi casi – conclude il professore – tende a cronicizzarsi». Finendo così con il dare corpo a paure ancestrali e innate che secondo Carl Gustav Jung altro non sono se non archetipi che popolano l’inconscio collettivo.

Francesco Maria Toscano
 

 

             
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